martedì 26 maggio 2020

ATLETICA E' LIBERTA'! racconto di Antonella Inga #restiamouniti



Avete mai provato a correre bendati su un rettilineo? Non avere alcun riferimento visivo per un vedente è un'esperienza molto impegnativa. Si perde letteralemente il controllo e la coordinazione, non si riesce a seguire la linea retta, ci si toglie dopo pochi metri la benda.
Obbligati a non vedere si devono acuire gli altri sensi, così migliora poco alla volta l'equilibrio, la capacità di controllare i movimenti, la reattività ma... senza una guida tutto ciò non è possibile!
Antonella e Giulia. Antonella si muove con gli occhi di Giulia come se i due corpi fossero un tutt'uno. Giulia ha imparato che la vista di Antonella è profonda perché vede oltre non vedendo, va nel profondo. Nella realtà entrambe sono guide ed entrambe sono guidate. Tutte due inseguono ala linea, fisica o immaginaria, del traguardo.

Matteo Tonutti
D.S. ASD Atetica 2000

Atletica per me ha sempre significato libertà. Ho iniziato a correre all’età di nove anni nel gruppo sportivo del mio paese brianzolo. Adoravo gli allenamenti con gli ostacoli, il salto della corda, il lungo. La sensazione di rimanere sospesa per aria anche se per pochissimi secondi mi faceva sentire leggera, svincolata da qualsiasi contatto fisico. Solo l’aria e il mio corpo. Trovavo fantastiche queste sensazioni e me ne innamorai facilmente.

Decisi che, dopo il basket, la danza e il nuoto avevo finalmente trovato lo spazio che più mi rappresentava e mi faceva star bene, e che non l’avrei mai lasciato.

E così feci, anche quando i medici mi diagnosticarono una malattia genetica rara della vista che avrebbe lentamente rubato nitidezza alle immagini. Travolta dallo sconforto appesi per qualche tempo le scarpette al chiodo incapace di affrontare le difficoltà emotive e fisiche che la perdita di vista mi sottoponeva.

Poi conobbi la Fispes, e la pista fu di nuovo sotto i miei piedi,., con una aggiunta: un cordino e Giulia.

Ci siamo conosciute un anno fa, quando ho iniziato ad aver bisogno di una guida per continuare a praticare la mia più grande passione. Lei, ex ostacolista, aveva smesso di allenarsi da qualche tempo e non riuscendo ad abbandonare totalmente l’atletica decise di offrire i suoi occhi per condividere insieme a me le emozioni della corsa.

Due modi di correre diversi, lei una falcata ampia, io più frequente. Due braccia che quindi dovevano coordinarsi, precise ed efficaci perché il rettilineo è breve e la sintonia è fondamentale

Impegno, costanza, tenacia e sorriso. Allenamento dopo allenamento abbiamo scoperto di essere legate oltre che da un cordino da un’amicizia sincera e da una fiducia reciproca che ora ci rendono inseparabili.

Quando le dissi che eravamo state invitate a partecipare al Golden Gala nel giugno 2019, dall’altra parte del telefono lei fu incapace di trattenere un grido di gioia. E da quell’annuncio fino al giorno in cui varcammo la pista dello stadio olimpico, lei non smise di ripetermi il suo motto ”non dire gatto se non ce l’hai nel sacco!”. Non voleva credere che fosse vero partecipare a quell’evento non come spettatrice abituale, ma come atleta.

Insieme all’entusiasmo però anche tanta preoccupazione e tanti dubbi... correvamo insieme da solo un mese e molti erano i dettagli tecnici da sistemare. La partenza dai blocchi, la coordinazione, l’attenzione sul traguardo perchè io fossi più avanti di lei.

Così nelle settimane precedenti alla nostra prima gara, sotto l’occhio attento di Elisa, la nostra allenatrice, abbiamo concentrato tutte le energie nel tentativo di perfezionare al massimo in quei pochi giorni, tutte le imperfezioni del caso.

Prima di partire alla volta di Roma, un’unica raccomandazione da parte di Elisa: “Pensate solo a correre veloci, il resto viene da sé!”

Elisa per me un esempio, tenace, tosta, sempre proiettata oltre le difficoltà, incredibilmente pronta alla risoluzione dei problemi, una super allenatrice e una super donna, che ci diede la carica per affrontare con il giusto atteggiamento quella prima sfida.

Allo sparo quindi lasciammo da parte tutti i timori determinate a dare del nostro meglio e a divertirci.

Tagliammo il traguardo per prime, registrando il personale sui 100 metri, il risultato di un trio tutto al femminile che ci diede la carica per affrontare la stagione agonistica appena iniziata. Io e Giulia ci scambiammo i pettorali per scrivere dietro una dedica in ricordo della nostra prima gara insieme e mi emozionai particolarmente alle parole di Giulia “Grazie per avermi regalato un sogno”.

Ne fui colpita. Lei ringraziava me. Fui contenta e al contempo sollevata di aver ricompensato il suo prezioso aiuto, la sua presenza silenziosa ma indispensabile che mi facevano sentire in debito.

Credo che questo sia il ricordo più bello che mi porto di quella sera, l’insegnamento che Giulia inconsapevolmente mi diede con il suo inaspettato ringraziamento: la reciproca riconoscenza per la condivisione di momenti ed esperienze che l’una dona all’altra.

Giulia mi dice spesso che conoscendo l’atletica paralimpica ha conosciuto un’atletica nuova, che non aveva mai considerato, con dei valori aggiunti preziosi: il condividere gli allenamenti, l’adrenalina della gara, la fatica, il traguardo, le sconfitte, gli errori.. Lei non ha mai considerato l’atletica come uno sport individuale, ma da quando corre come guida ha rafforzato ancor di più questa sua convinzione ed è bello sapere, che anche chi fa da guida possa provare emozioni forti, al pari dell’atleta con cui sta correndo.

Non so se mi sono spiegata bene, a volte il fatto di aver bisogno di un braccio per camminare, di una persona che ti aiuti ti fa credere di essere costantemente in difetto, in debito per la generosità e l’attenzione che ti stanno dedicando. Invece ti accorgi che anzitutto chiedere aiuto non è qualcosa di negativo e che senza saperlo dai la possibilità all’altro di conoscere qualcosa di nuovo, dove magari trova spazio un lato nuovo di sé.

Giulia non sapeva cosa volesse dire guidare un atleta ipovedente, e il fatto di averlo scopertole sta dando la possibilità di continuare a praticare la sua più grande passione sotto un’altra luce, nuova e arricchente, e di questo ne sono immensamente felice.

Antonella Inga

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